Filippo Palizzi, “Tramonto”,
1858, olio su tela, cm 52,7x74,5, Museo nazionale della scienza e della tecnologia “L. da Vinci”, Milano.
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Filippo Palizzi, foto Nadar |
Movendo dall'esempio di A. van Pitloo e del suo
concittadino Gabriele Smargiassi, si diede a una pittura tutta
rivolta allo studio del vero, nei soggetti più umili (piccoli paesaggi e
quadretti di animali), riallacciandosi alla tradizione degli animalisti
olandesi del Seicento, ma con naturalismo più scoperto, pienamente
ottocentesco. Questa ricerca, per lo più ancora risolta attraverso
un'esecuzione minuziosissima che finisce per prevalere sull'impressione
pittorica, maturò a contatto con le contemporanee esperienze francesi
(approfondite, dopo il 1844, grazie ai frequenti rapporti con il fratello
Giuseppe), orientando la sua pittura verso un più diretto e immediato realismo
di intima intonazione poetica. I gruppi più cospicui di opere di Palizzi si
trovano nella Galleria d'arte moderna a Roma e in quella del museo di Capodimonte a Napoli. Tra i suoi allievi si ricorda specialmente
F. P. Michetti. Furono pittori anche i suoi
fratelli: Giuseppe (Lanciano 1812 - Parigi 1888), che
lavorò a Parigi dal 1844; Nicola (Vasto 1820 -
Napoli 1870), paesista; Francesco Paolo (Vasto 1825 -
Napoli 1871), che dipinse nature morte e figure, operoso a Parigi
dal 1848; loro opere prevalentemente nel museo di Capodimonte a Napoli.
Da: enciclopedia Treccani
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