Filippo Palizzi, "La fanciulla sulla roccia a Sorrento”,
1871, olio su tela, cm 55x80, Fondazione Internazionale Balzan, Milano. |
Filippo Palizzi (Vasto, 16 giugno 1818 – Napoli, 10 settembre 1899)
"La fanciulla sulla roccia a Sorrento”, 1871
Olio su tela, cm 55x80
Fondazione Internazionale Balzan, Milano.
Filippo Palizzi, "La fanciulla sulla roccia a Sorrento”,
1871, olio su tela, cm 55x80, Fondazione Internazionale Balzan, Milano. |
Tra i capolavori di Filippo Palizzi, "La fanciulla sulla roccia a Sorrento” rappresenta sicuramente uno dei quadri più conosciuti di tutta la sua produzione.
Un dipinto bellissimo che, se pur osservato tantissime volte, cela una frase che solo pochi hanno notato.
Infatti vi è nascosto al suo interno un messaggio che l’autore ha scritto sul profilo della roccia: "Egli, che mi pose a giacere su questa roccia, mi dice di guardarti da mattina a sera e dirti sempre: sii felice. Felice."
Particolare |
Altra frase si trova in basso a sinistra, dove possiamo notare la dedica prima della sua firma: "a Felice de Lapommeray Fili Palizzi 1871".
Il significato di questo messaggio è ancora tutto da chiarire.
Particolare |
Filippo
Palizzi, "La fanciulla sulla roccia a Sorrento”,
1871, olio su tela, cm 55x80, Fondazione Internazionale Balzan, Milano. |
Filippo Palizzi, "La fanciulla sulla roccia a Sorrento”,
1871, olio su tela, cm 55x80, Fondazione Internazionale Balzan, Milano |
Filippo Palizzi, foto Nadar |
Filippo Palizzi (Vasto, 16 giugno 1818 – Napoli, 10 settembre 1899) fu il più celebre dei fratelli Palizzi. Rinnovatore della pittura napoletana ottocentesca, Palizzi abbandonò lo stile accademico per dedicarsi allo studio del vero, soprattutto di paesaggi e di animali, in sintonia con le contemporanee esperienze francesi, orientando la sua pittura verso un realismo di intima intonazione poetica. A Napoli nel 1837, fu a contatto con la scuola di Posillipo, che contribuì a fargli abbandonare la pittura accademica. Nel 1855, in un viaggio di studi, visitò l'Olanda, il Belgio e la Francia; tornò ancora a Parigi nel 1865 e nel 1875. A Napoli, dal 1878 al 1880 diresse l'Accademia di belle arti riassumendo lo stesso incarico ancora nel 1891 e, dal 1880, collaborò all'organizzazione delle scuole d'arte industriale. Movendo dall'esempio di A. van Pitloo e del suo concittadino Gabriele Smargiassi, si diede a una pittura tutta rivolta allo studio del vero, nei soggetti più umili (piccoli paesaggi e quadretti di animali), riallacciandosi alla tradizione degli animalisti olandesi del Seicento, ma con naturalismo più scoperto, pienamente ottocentesco. Questa ricerca, per lo più ancora risolta attraverso un'esecuzione minuziosissima che finisce per prevalere sull'impressione pittorica, maturò a contatto con le contemporanee esperienze francesi (approfondite, dopo il 1844, grazie ai frequenti rapporti con il fratello Giuseppe), orientando la sua pittura verso un più diretto e immediato realismo di intima intonazione poetica. I gruppi più cospicui di opere di Palizzi si trovano nella Galleria d'arte moderna a Roma e in quella del museo di Capodimonte a Napoli. Tra i suoi allievi si ricorda specialmente F. P. Michetti. Furono pittori anche i suoi fratelli: Giuseppe (Lanciano 1812 - Parigi 1888), che lavorò a Parigi dal 1844; Nicola (Vasto 1820 - Napoli 1870), paesista; Francesco Paolo (Vasto 1825 - Napoli 1871), che dipinse nature morte e figure, operoso a Parigi dal 1848; loro opere prevalentemente nel museo di Capodimonte a Napoli.
Da: enciclopedia Treccani
http://www.treccani.it/enciclopedia/filippo-palizzi/
Da: enciclopedia Treccani
http://www.treccani.it/enciclopedia/filippo-palizzi/
1871, olio su tela, cm 55x80, Fondazione Internazionale Balzan, Milano. |
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